Le cure oncologiche al tempo del coronavirus e le parole vuote del ‘dobbiamo proteggere le fasce più deboli della popolazione’
Interessati in prima persona – in quanto pazienti oncologici – e impegnati a dare risposte a tanti che contattano Codice Viola, abbiamo deciso, alla ricerca di soluzioni in un contesto certo difficile per tutti, di lanciare un sondaggio che ci permettesse di scattare una fotografia della situazione delle cure oncologiche in Italia al tempo del coronavirus. Lo stiamo facendo anche grazie alla collaborazione di diverse associazioni di pazienti, che contribuiscono diffondendo il questionario tra i loro associati. Si tratta di un questionario che non ha alcuna pretesa di essere statisticamente valido, essendo il campione casuale e non rappresentativo, ma piuttosto di raccogliere le percezioni dei pazienti e l’esperienza concreta che stiamo stanno vivendo.
Dal primo campione di 484 risposte emerge una fotografia estremamente preoccupante a livello aggregato, con differenze tra regione e regione, tra ospedali all’interno della medesima regione, per arrivare ai comportamenti dei singoli medici.
Ormai è sempre più palese che gli ospedali hanno in larga parte sospeso l’attività ordinaria, per gestire l’ondata di contagiati da coronavirus. Il rischio è quello di trattare con il medesimo livello di priorità pazienti con patologie importanti come quelle oncologiche, dove il tempo è una variabile chiave nella potenziale progressione della malattia, e pazienti che hanno cure differibili nel tempo. Dobbiamo rammentare sempre che nel caso della salute, sospendere l’attività ordinaria significa smettere di curare le persone.
Che immagine ci riporta il sondaggio?
Prime visite
Innanzitutto il sondaggio ci racconta che chi aveva prenotato una prima visita si è visto cancellare l’appuntamento nel 37% dei casi. È verosimile che le cancellazioni riguardino prevalentemente le visite con un chirurgo, mentre quelle oncologiche, per discutere della malattia e avviare la terapia, se effettuate nell’ambito del SSN non dovrebbero aver subito grandi ripercussioni. Questo dato non tiene conto di quei pazienti che in modo autonomo hanno deciso di non effettuare la visita per timore di essere contagiati. È anche molto probabile che una parte delle visite cancellate fossero consulti per chiedere un secondo parere in un altro ospedale.
Cure chemioterapiche e radioterapiche
Chi era già in carico presso una struttura, con terapie avviate, prenotate e in corso, ha potuto in larga parte proseguire senza variazioni. Un 11% dei pazienti invece si è visto cancellare gli appuntamenti fissati per le chemioterapie. In qualche caso il messaggio pervenuto per spiegare la scelta somigliava molto a un’analisi costi/benefici che può lasciare perplessi: “vista la gravità delle condizioni, i potenziali vantaggi della chemioterapia in atto non sono tali da giustificare i rischi legati al coronavirus”. Abbiamo inoltre riscontrato che in alcuni casi sono stati allungati gli intervalli standard tra una chemioterapia e l’altra per ridurre il rischio di contagio in ospedale.
Visite di controllo
Le visite di controllo vengono effettuate in corso di terapia, per valutarne l’efficacia, monitorare di persona le condizioni cliniche del paziente, rispondere alle sue domande, fare il punto della situazione. In questa fase le visite di controllo sono state annullate o rinviate a data da destinarsi nel 42% dei casi. Anche quelle dei pazienti operati di tumore tempo fa, oppure pazienti che hanno terminato le terapie e devono fare controlli periodici per verificare se il tumore è fermo, in remissione o progressione.
Interventi chirurgici
Il dato più eclatante riguarda gli interventi chirurgici, che sono stati rinviati a data da destinarsi nel 64% dei casi. Parliamo di operazioni per rimuovere tumori oppure, nel caso della chirurgia preventiva per le donne con mutazioni genetiche, di mastectomie o ovariectomie, operazioni considerate indispensabili per ridurre il rischio di malattia o di recidiva e quindi interventi da fare con urgenza. In alcuni casi sono state cancellate operazioni in programma a causa della mancanza di sangue, conseguenza della pandemia di Covid-19. Spesso per la carenza di anestesisti, dirottati sul fronte Covid.
Diagnostica
Un discorso a parte è quello della diagnostica. Si riscontra una sempre maggiore difficoltà a effettuare gli esami indispensabili per iniziare le cure oncologiche (eco-endoscopie, biopsie, TC, PET, ecografie), monitorare l’andamento delle terapie in corso o poter effettuare un intervento. Nel 32% dei casi gli esami sono stati annullati del tutto oppure rinviati a tempo indeterminato. Spesso si effettuano soltanto le prestazioni marcate in origine come “urgenti”. Se un esame è stato prescritto nell’ambito della regolare terapia, e quindi non presenta un codice di urgenza, rischia la cancellazione. In alcune regioni quasi tutti i centri diagnostici privati hanno chiuso i battenti.
I malati fuori regione
Un numero non trascurabile di pazienti (il 10% del campione) fino a poche settimane fa era coinvolto in un pendolarismo sanitario indotto dalla mancanza di competenze e servizi omogenei sull’intero territorio nazionale. Pendolarismo quasi del tutto sospeso adesso, viste le difficoltà dei trasporti. Alcuni centri