Alessandro Zerbi - Chirurgo tumore del pancreas

Intervista al chirurgo Alessandro Zerbi

9 Marzo 2020 • Redazione

Il responsabile dell’unità operativa di chirurgia pancreatica presso l’Istituto Clinico Humanitas parla di cosa vuol dire centro multidisciplinare, di programmi di screening per i famigliari, di collaborazione fra grandi e piccoli centri, delle nuove tecniche chirurgiche, di come orientarsi quando si viene catapultati in questo mondo

La prima domanda è sempre la stessa: quando arriva la diagnosi uno si trova da un giorno all’altro catapultato in un mondo di cui non conosce nulla e in cui è vitale, in senso letterale, fare le scelte giuste. Qual è il modo corretto di muoversi? Come capire da chi è meglio andare?

Se il sistema sanitario funziona, la figura corretta a cui rivolgersi è il medico di medicina generale; al quale non si chiede ovviamente di impostare la terapia e nemmeno di indicare se sia più opportuno un approccio chirurgico, chemioterapico o altro, ma solo di conoscere i centri di riferimento per il pancreas nella sua zona di residenza e di indirizzare il paziente a quelli.

Però il tumore del pancreas ha una incidenza molto bassa. Magari il medico di base di tumori al seno ne vede tanti e sa dove indirizzare, ma al pancreas ne vede uno ogni tanto e non è detto che conosca i centri di riferimento.

Questo è vero. È anche vero che se non li conosce personalmente è probabile che abbia i canali giusti per informarsi. Ma prendiamo spunto, penseremo a qualche iniziativa di formazione al riguardo per i medici di medicina generale.

Ok, supponiamo che il paziente sia sfortunato e il medico di base non sappia dove indirizzarlo. Che fa a questo punto? Perché è chiaro che guarda su Internet.

E questo è molto pericoloso. Ci sono gruppi seri ma anche molti “predatori”, che cercano proprio persone spaesate e spaventate per proporre costose cure inefficaci. Ci sono anche le informazioni giuste per scegliere, in realtà, ma bisogna sapere cosa cercare e dove.

Per esempio?

Non è facile, bisogna mettere insieme informazioni diverse prese da posti diversi. Per esempio Agenas fornisce per ogni centro il numero di interventi eseguiti nell’anno e la percentuale di mortalità operatoria, che è un dato estremamente importante. Un’altra informazione importante è sapere com’è composto il team. C’è un vero team multidisciplinare specializzato sul pancreas? È importante spingere per aver una sempre maggior trasparenza su dati, che devono essere dettagliati e accessibili.

Ecco. Oggi tutti i centri vantano il team multidisciplinare. Come fa il paziente a sapere se è vero o solo di nome?

Le figure essenziali sono chirurgo, patologo, oncologo e radiologo; tutti specializzati sul pancreas. Senza questi non è un team multidisciplinare. Da lì in su si va solo a migliorare. Altre figure importanti sono endoscopista, radioterapista, nutrizionista, gastroenterologo, medico nucleare, genetista, psicologo, ecc.

È giusto guardare anche al volume di interventi per scegliere?

Il volume di interventi è un metro grossolano, ma una prima indicazione la dà; come dicevamo prima, va unita ad altre informazioni. Bisogna anche pensare che se un centro effettua molti interventi a scapito della qualità, prima o poi la voce si sparge, la gente non ci va più e i volumi calano. Alla fine la concorrenza un po’ funziona.

Perché per il paziente la chirurgia è sempre la prima scelta?

Il paziente ha sempre la speranza che il tumore sia operabile e quindi un tentativo dal chirurgo cerca sempre di farlo. Dopodiché, se dove si rivolge c’è un team multidisciplinare, la “porta di ingresso” è quasi irrilevante. Che si rivolga al chirurgo, all’oncologo o a chiunque altro del team, il caso viene valutato e discusso collegialmente.

Finora abbiamo parlato del percorso di diagnosi integrato. Parliamo del percorso di cura integrato.

La cura del tumore al pancreas non è impostabile dall’inizio per tutto il percorso. Bisogna periodicamente rivalutare il singolo caso e di volta in volta scegliere il tipo di approccio che ha le maggiori probabilità di essere il più efficace a quel punto. Utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: radioterapia, vari schemi di cura chemioterapica, chirurgia ecc.

Questo significa però che se uno abita lontano dai grandi centri multidisciplinari specializzati sul pancreas, che alla fine in Italia non è che siano poi così tanti, o si trasferisce, o si sobbarca continui e faticosi viaggi, o accetta di essere curato peggio.

Non è detto. Noi collaboriamo con molti centri più piccoli. Magari mandano il paziente a operarsi qui, poi lo seguono loro per la cura chemioterapica e periodicamente si rivaluta tutti insieme il caso, oppure ci chiedono un consulto specifico, o in molti altri modi. Del resto è nell’interesse di tutti. Il centro specializzato ha un maggior numero di casi senza dover ingrandire troppo la propria struttura, il centro piccolo continua a seguire il suo paziente che altrimenti con tutta probabilità andrebbe altrove e in più ha l’occasione per crescere professionalmente, il paziente ha i vantaggi del centro specializzato senza doversi allontanare troppo spesso dalla sua zona di residenza. L’obiettivo è di creare una rete sempre più estesa di collaborazioni di questo tipo. Società scientifiche e associazioni pazienti possono favorire questa rete, le prime contribuendo proprio a crearla, organizzando incontri e contatti, le seconde segnalando alle comunità di pazienti la sua topologia, chi collabora con chi.

Però nei gruppi social di malati e famigliari si sentono spesso racconti di pazienti che hanno chiesto un consulto a qualche luminare e poi, riferito l’esito al loro oncologo, questo si è risentito e rifiutato di seguire le indicazioni.

Eh, purtroppo spesso c’è ego da entrambe le parti. Il responsabile del centro piccolo si sente sminuito, il luminare a volte ci tiene a far vedere di essere tale e magari corregge il collega anche se potrebbe farne a meno. Bisogna anche pensare che alla fine chi risponde è chi somministra la cura e non può prendersi la responsabilità di una scelta se non la condivide. Per fortuna di solito noi troviamo molto spirito collaborativo dai centri più piccoli.

Si parla sempre di prevenzione e diagnosi precoce, ma per il pancreas, aldilà dei soliti consigli su vita e alimentazione sana, non è che abbia mai visto molto altro. Non è che una persona sana può farsi una tac o controllare il CA19-9 periodicamente per fare diagnosi precoce.

La vita e l’alimentazione sana non sono solo modi di dire, hanno una grande influenza. Il fumo di sigaretta è un altro grande fattore di rischio. Saper riconoscere i sintomi, facilmente attribuibili ad altre cause, è anche molto importante. Poi è vero, sul pancreas non abbiamo molti strumenti preventivi, ma ci stiamo lavorando. Stiamo facendo ricerca per esempio su marcatori del sangue più precisi. Esiste poi uno studio della Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (AISP), cui aderiscono i principali centri esperti nel tumore del pancreas, che offre la possibilità a chi ha due o più famigliari stretti affetti da carcinoma del pancreas di essere inserito in un programma di sorveglianza che prevede l’esecuzione di una risonanza magnetica all’anno, per vedere nel tempo se questo genere di attività preventiva porta risultati.

Chirurgia robotica. Cosa mi dice?

In altre patologie ha dimostrato oggettivamente chiari vantaggi; nel pancreas si temeva che fosse controproducente dal punto di vista oncologico, cioè che fosse meno radicale e a maggior rischio di recidive. Dagli studi sembra che non sia così e che i risultati siano analoghi. È leggermente meno invasiva, ma nel tumore del pancreas non è certo quello il problema principale.

Invece di termo e crioablazione cosa dice?

Non sono procedure di prima scelta, i dati disponibili sulla loro efficacia sono pochi. Ci sono situazioni in cui potrebbero avere senso. Non esiste comunque qualcosa che sia migliore sempre e comunque.

Ogni tanto si vedono titoloni di giornali perlopiù di provincia o servizi in TG regionali che esaltano ospedali solitamente esterni al “giro” del pancreas dove si eseguirebbe qualche tecnica esclusiva con risultati spettacolari. Come fa, uno che è appena stato catapultato in questo mondo e cerca affannosamente un’ancora di salvezza, a discriminare il fumo dall’arrosto?

Una grossa scrematura si può fare verificando su PubMed (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/) le pubblicazioni del medico in questione. Se ha pubblicato qualcosa sull’argomento vuol dire che almeno i dati li ha prodotti.

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Alessandro Zerbi - Chirurgo tumore del pancreas

Intervista al chirurgo Alessandro Zerbi

9 Marzo 2020 • Redazione

Il responsabile dell’unità operativa di chirurgia pancreatica presso l’Istituto Clinico Humanitas parla di cosa vuol dire centro multidisciplinare, di programmi di screening per i famigliari, di collaborazione fra grandi e piccoli centri, delle nuove tecniche chirurgiche, di come orientarsi quando si viene catapultati in questo mondo

La prima domanda è sempre la stessa: quando arriva la diagnosi uno si trova da un giorno all’altro catapultato in un mondo di cui non conosce nulla e in cui è vitale, in senso letterale, fare le scelte giuste. Qual è il modo corretto di muoversi? Come capire da chi è meglio andare?

Se il sistema sanitario funziona, la figura corretta a cui rivolgersi è il medico di medicina generale; al quale non si chiede ovviamente di impostare la terapia e nemmeno di indicare se sia più opportuno un approccio chirurgico, chemioterapico o altro, ma solo di conoscere i centri di riferimento per il pancreas nella sua zona di residenza e di indirizzare il paziente a quelli.

Però il tumore del pancreas ha una incidenza molto bassa. Magari il medico di base di tumori al seno ne vede tanti e sa dove indirizzare, ma al pancreas ne vede uno ogni tanto e non è detto che conosca i centri di riferimento.

Questo è vero. È anche vero che se non li conosce personalmente è probabile che abbia i canali giusti per informarsi. Ma prendiamo spunto, penseremo a qualche iniziativa di formazione al riguardo per i medici di medicina generale.

Ok, supponiamo che il paziente sia sfortunato e il medico di base non sappia dove indirizzarlo. Che fa a questo punto? Perché è chiaro che guarda su Internet.

E questo è molto pericoloso. Ci sono gruppi seri ma anche molti “predatori”, che cercano proprio persone spaesate e spaventate per proporre costose cure inefficaci. Ci sono anche le informazioni giuste per scegliere, in realtà, ma bisogna sapere cosa cercare e dove.

Per esempio?

Non è facile, bisogna mettere insieme informazioni diverse prese da posti diversi. Per esempio Agenas fornisce per ogni centro il numero di interventi eseguiti nell’anno e la percentuale di mortalità operatoria, che è un dato estremamente importante. Un’altra informazione importante è sapere com’è composto il team. C’è un vero team multidisciplinare specializzato sul pancreas? È importante spingere per aver una sempre maggior trasparenza su dati, che devono essere dettagliati e accessibili.

Ecco. Oggi tutti i centri vantano il team multidisciplinare. Come fa il paziente a sapere se è vero o solo di nome?

Le figure essenziali sono chirurgo, patologo, oncologo e radiologo; tutti specializzati sul pancreas. Senza questi non è un team multidisciplinare. Da lì in su si va solo a migliorare. Altre figure importanti sono endoscopista, radioterapista, nutrizionista, gastroenterologo, medico nucleare, genetista, psicologo, ecc.

È giusto guardare anche al volume di interventi per scegliere?

Il volume di interventi è un metro grossolano, ma una prima indicazione la dà; come dicevamo prima, va unita ad altre informazioni. Bisogna anche pensare che se un centro effettua molti interventi a scapito della qualità, prima o poi la voce si sparge, la gente non ci va più e i volumi calano. Alla fine la concorrenza un po’ funziona.

Perché per il paziente la chirurgia è sempre la prima scelta?

Il paziente ha sempre la speranza che il tumore sia operabile e quindi un tentativo dal chirurgo cerca sempre di farlo. Dopodiché, se dove si rivolge c’è un team multidisciplinare, la “porta di ingresso” è quasi irrilevante. Che si rivolga al chirurgo, all’oncologo o a chiunque altro del team, il caso viene valutato e discusso collegialmente.

Finora abbiamo parlato del percorso di diagnosi integrato. Parliamo del percorso di cura integrato.

La cura del tumore al pancreas non è impostabile dall’inizio per tutto il percorso. Bisogna periodicamente rivalutare il singolo caso e di volta in volta scegliere il tipo di approccio che ha le maggiori probabilità di essere il più efficace a quel punto. Utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: radioterapia, vari schemi di cura chemioterapica, chirurgia ecc.

Questo significa però che se uno abita lontano dai grandi centri multidisciplinari specializzati sul pancreas, che alla fine in Italia non è che siano poi così tanti, o si trasferisce, o si sobbarca continui e faticosi viaggi, o accetta di essere curato peggio.

Non è detto. Noi collaboriamo con molti centri più piccoli. Magari mandano il paziente a operarsi qui, poi lo seguono loro per la cura chemioterapica e periodicamente si rivaluta tutti insieme il caso, oppure ci chiedono un consulto specifico, o in molti altri modi. Del resto è nell’interesse di tutti. Il centro specializzato ha un maggior numero di casi senza dover ingrandire troppo la propria struttura, il centro piccolo continua a seguire il suo paziente che altrimenti con tutta probabilità andrebbe altrove e in più ha l’occasione per crescere professionalmente, il paziente ha i vantaggi del centro specializzato senza doversi allontanare troppo spesso dalla sua zona di residenza. L’obiettivo è di creare una rete sempre più estesa di collaborazioni di questo tipo. Società scientifiche e associazioni pazienti possono favorire questa rete, le prime contribuendo proprio a crearla, organizzando incontri e contatti, le seconde segnalando alle comunità di pazienti la sua topologia, chi collabora con chi.

Però nei gruppi social di malati e famigliari si sentono spesso racconti di pazienti che hanno chiesto un consulto a qualche luminare e poi, riferito l’esito al loro oncologo, questo si è risentito e rifiutato di seguire le indicazioni.

Eh, purtroppo spesso c’è ego da entrambe le parti. Il responsabile del centro piccolo si sente sminuito, il luminare a volte ci tiene a far vedere di essere tale e magari corregge il collega anche se potrebbe farne a meno. Bisogna anche pensare che alla fine chi risponde è chi somministra la cura e non può prendersi la responsabilità di una scelta se non la condivide. Per fortuna di solito noi troviamo molto spirito collaborativo dai centri più piccoli.

Si parla sempre di prevenzione e diagnosi precoce, ma per il pancreas, aldilà dei soliti consigli su vita e alimentazione sana, non è che abbia mai visto molto altro. Non è che una persona sana può farsi una tac o controllare il CA19-9 periodicamente per fare diagnosi precoce.

La vita e l’alimentazione sana non sono solo modi di dire, hanno una grande influenza. Il fumo di sigaretta è un altro grande fattore di rischio. Saper riconoscere i sintomi, facilmente attribuibili ad altre cause, è anche molto importante. Poi è vero, sul pancreas non abbiamo molti strumenti preventivi, ma ci stiamo lavorando. Stiamo facendo ricerca per esempio su marcatori del sangue più precisi. Esiste poi uno studio della Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (AISP), cui aderiscono i principali centri esperti nel tumore del pancreas, che offre la possibilità a chi ha due o più famigliari stretti affetti da carcinoma del pancreas di essere inserito in un programma di sorveglianza che prevede l’esecuzione di una risonanza magnetica all’anno, per vedere nel tempo se questo genere di attività preventiva porta risultati.

Chirurgia robotica. Cosa mi dice?

In altre patologie ha dimostrato oggettivamente chiari vantaggi; nel pancreas si temeva che fosse controproducente dal punto di vista oncologico, cioè che fosse meno radicale e a maggior rischio di recidive. Dagli studi sembra che non sia così e che i risultati siano analoghi. È leggermente meno invasiva, ma nel tumore del pancreas non è certo quello il problema principale.

Invece di termo e crioablazione cosa dice?

Non sono procedure di prima scelta, i dati disponibili sulla loro efficacia sono pochi. Ci sono situazioni in cui potrebbero avere senso. Non esiste comunque qualcosa che sia migliore sempre e comunque.

Ogni tanto si vedono titoloni di giornali perlopiù di provincia o servizi in TG regionali che esaltano ospedali solitamente esterni al “giro” del pancreas dove si eseguirebbe qualche tecnica esclusiva con risultati spettacolari. Come fa, uno che è appena stato catapultato in questo mondo e cerca affannosamente un’ancora di salvezza, a discriminare il fumo dall’arrosto?

Una grossa scrematura si può fare verificando su PubMed (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/) le pubblicazioni del medico in questione. Se ha pubblicato qualcosa sull’argomento vuol dire che almeno i dati li ha prodotti.

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Alessandro Zerbi - Chirurgo tumore del pancreas

Intervista al chirurgo Alessandro Zerbi

9 Marzo 2020 • Redazione

Il responsabile dell’unità operativa di chirurgia pancreatica presso l’Istituto Clinico Humanitas parla di cosa vuol dire centro multidisciplinare, di programmi di screening per i famigliari, di collaborazione fra grandi e piccoli centri, delle nuove tecniche chirurgiche, di come orientarsi quando si viene catapultati in questo mondo

La prima domanda è sempre la stessa: quando arriva la diagnosi uno si trova da un giorno all’altro catapultato in un mondo di cui non conosce nulla e in cui è vitale, in senso letterale, fare le scelte giuste. Qual è il modo corretto di muoversi? Come capire da chi è meglio andare?

Se il sistema sanitario funziona, la figura corretta a cui rivolgersi è il medico di medicina generale; al quale non si chiede ovviamente di impostare la terapia e nemmeno di indicare se sia più opportuno un approccio chirurgico, chemioterapico o altro, ma solo di conoscere i centri di riferimento per il pancreas nella sua zona di residenza e di indirizzare il paziente a quelli.

Però il tumore del pancreas ha una incidenza molto bassa. Magari il medico di base di tumori al seno ne vede tanti e sa dove indirizzare, ma al pancreas ne vede uno ogni tanto e non è detto che conosca i centri di riferimento.

Questo è vero. È anche vero che se non li conosce personalmente è probabile che abbia i canali giusti per informarsi. Ma prendiamo spunto, penseremo a qualche iniziativa di formazione al riguardo per i medici di medicina generale.

Ok, supponiamo che il paziente sia sfortunato e il medico di base non sappia dove indirizzarlo. Che fa a questo punto? Perché è chiaro che guarda su Internet.

E questo è molto pericoloso. Ci sono gruppi seri ma anche molti “predatori”, che cercano proprio persone spaesate e spaventate per proporre costose cure inefficaci. Ci sono anche le informazioni giuste per scegliere, in realtà, ma bisogna sapere cosa cercare e dove.

Per esempio?

Non è facile, bisogna mettere insieme informazioni diverse prese da posti diversi. Per esempio Agenas fornisce per ogni centro il numero di interventi eseguiti nell’anno e la percentuale di mortalità operatoria, che è un dato estremamente importante. Un’altra informazione importante è sapere com’è composto il team. C’è un vero team multidisciplinare specializzato sul pancreas? È importante spingere per aver una sempre maggior trasparenza su dati, che devono essere dettagliati e accessibili.

Ecco. Oggi tutti i centri vantano il team multidisciplinare. Come fa il paziente a sapere se è vero o solo di nome?

Le figure essenziali sono chirurgo, patologo, oncologo e radiologo; tutti specializzati sul pancreas. Senza questi non è un team multidisciplinare. Da lì in su si va solo a migliorare. Altre figure importanti sono endoscopista, radioterapista, nutrizionista, gastroenterologo, medico nucleare, genetista, psicologo, ecc.

È giusto guardare anche al volume di interventi per scegliere?

Il volume di interventi è un metro grossolano, ma una prima indicazione la dà; come dicevamo prima, va unita ad altre informazioni. Bisogna anche pensare che se un centro effettua molti interventi a scapito della qualità, prima o poi la voce si sparge, la gente non ci va più e i volumi calano. Alla fine la concorrenza un po’ funziona.

Perché per il paziente la chirurgia è sempre la prima scelta?

Il paziente ha sempre la speranza che il tumore sia operabile e quindi un tentativo dal chirurgo cerca sempre di farlo. Dopodiché, se dove si rivolge c’è un team multidisciplinare, la “porta di ingresso” è quasi irrilevante. Che si rivolga al chirurgo, all’oncologo o a chiunque altro del team, il caso viene valutato e discusso collegialmente.

Finora abbiamo parlato del percorso di diagnosi integrato. Parliamo del percorso di cura integrato.

La cura del tumore al pancreas non è impostabile dall’inizio per tutto il percorso. Bisogna periodicamente rivalutare il singolo caso e di volta in volta scegliere il tipo di approccio che ha le maggiori probabilità di essere il più efficace a quel punto. Utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: radioterapia, vari schemi di cura chemioterapica, chirurgia ecc.

Questo significa però che se uno abita lontano dai grandi centri multidisciplinari specializzati sul pancreas, che alla fine in Italia non è che siano poi così tanti, o si trasferisce, o si sobbarca continui e faticosi viaggi, o accetta di essere curato peggio.

Non è detto. Noi collaboriamo con molti centri più piccoli. Magari mandano il paziente a operarsi qui, poi lo seguono loro per la cura chemioterapica e periodicamente si rivaluta tutti insieme il caso, oppure ci chiedono un consulto specifico, o in molti altri modi. Del resto è nell’interesse di tutti. Il centro specializzato ha un maggior numero di casi senza dover ingrandire troppo la propria struttura, il centro piccolo continua a seguire il suo paziente che altrimenti con tutta probabilità andrebbe altrove e in più ha l’occasione per crescere professionalmente, il paziente ha i vantaggi del centro specializzato senza doversi allontanare troppo spesso dalla sua zona di residenza. L’obiettivo è di creare una rete sempre più estesa di collaborazioni di questo tipo. Società scientifiche e associazioni pazienti possono favorire questa rete, le prime contribuendo proprio a crearla, organizzando incontri e contatti, le seconde segnalando alle comunità di pazienti la sua topologia, chi collabora con chi.

Però nei gruppi social di malati e famigliari si sentono spesso racconti di pazienti che hanno chiesto un consulto a qualche luminare e poi, riferito l’esito al loro oncologo, questo si è risentito e rifiutato di seguire le indicazioni.

Eh, purtroppo spesso c’è ego da entrambe le parti. Il responsabile del centro piccolo si sente sminuito, il luminare a volte ci tiene a far vedere di essere tale e magari corregge il collega anche se potrebbe farne a meno. Bisogna anche pensare che alla fine chi risponde è chi somministra la cura e non può prendersi la responsabilità di una scelta se non la condivide. Per fortuna di solito noi troviamo molto spirito collaborativo dai centri più piccoli.

Si parla sempre di prevenzione e diagnosi precoce, ma per il pancreas, aldilà dei soliti consigli su vita e alimentazione sana, non è che abbia mai visto molto altro. Non è che una persona sana può farsi una tac o controllare il CA19-9 periodicamente per fare diagnosi precoce.

La vita e l’alimentazione sana non sono solo modi di dire, hanno una grande influenza. Il fumo di sigaretta è un altro grande fattore di rischio. Saper riconoscere i sintomi, facilmente attribuibili ad altre cause, è anche molto importante. Poi è vero, sul pancreas non abbiamo molti strumenti preventivi, ma ci stiamo lavorando. Stiamo facendo ricerca per esempio su marcatori del sangue più precisi. Esiste poi uno studio della Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (AISP), cui aderiscono i principali centri esperti nel tumore del pancreas, che offre la possibilità a chi ha due o più famigliari stretti affetti da carcinoma del pancreas di essere inserito in un programma di sorveglianza che prevede l’esecuzione di una risonanza magnetica all’anno, per vedere nel tempo se questo genere di attività preventiva porta risultati.

Chirurgia robotica. Cosa mi dice?

In altre patologie ha dimostrato oggettivamente chiari vantaggi; nel pancreas si temeva che fosse controproducente dal punto di vista oncologico, cioè che fosse meno radicale e a maggior rischio di recidive. Dagli studi sembra che non sia così e che i risultati siano analoghi. È leggermente meno invasiva, ma nel tumore del pancreas non è certo quello il problema principale.

Invece di termo e crioablazione cosa dice?

Non sono procedure di prima scelta, i dati disponibili sulla loro efficacia sono pochi. Ci sono situazioni in cui potrebbero avere senso. Non esiste comunque qualcosa che sia migliore sempre e comunque.

Ogni tanto si vedono titoloni di giornali perlopiù di provincia o servizi in TG regionali che esaltano ospedali solitamente esterni al “giro” del pancreas dove si eseguirebbe qualche tecnica esclusiva con risultati spettacolari. Come fa, uno che è appena stato catapultato in questo mondo e cerca affannosamente un’ancora di salvezza, a discriminare il fumo dall’arrosto?

Una grossa scrematura si può fare verificando su PubMed (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/) le pubblicazioni del medico in questione. Se ha pubblicato qualcosa sull’argomento vuol dire che almeno i dati li ha prodotti.

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