L’ecoendoscopia, EUS, è una pratica diagnostica rilevante per le patologie pancreatiche ma poco conosciuta tra i pazienti. In questa intervista la dott.ssa Silvia Carrara, Responsabile Programma Ecoendoscopia dell’Humanitas, Rozzano, presentata e spiega la tecnica di indagine diagnostica della ecoendoscopia, le situazioni in cui assume particolare rilevanza per una accurata diagnosi e le competenze mediche per poterla eseguire correttamente.
D: Cos’è esattamente l’ecoendoscopia?
R: L’ecoendoscopia, detta anche EUS dall’inglese Endoscopic Ultrasound, è un esame diagnostico che integra la Tomografia Computerizzata, TC, e la Risonanza Magnetica, RM, per capire la natura di una massa pancreatica: cisti, tumore, ecc. La ricchezza dell’ecoendoscopia sta nel poter eseguire biopsie al pancreas, in qualsiasi sede del pancreas, in maniera minimamente invasiva, con uno strumento di calibro poco maggiore rispetto ad un gastroscopio, comunque più rigido, che dallo stomaco o dal duodeno consente di inserire un ago per prelevare materiale dalla massa tumorale da fare analizzare. È una metodica che si deve integrare con le altre discipline diagnostiche e terapeutiche. È comunque un esame invasivo, eseguito ormai nella maggior parte dei centri in sedazione profonda con assistenza anestesiologica, è bene che il paziente sia scrupolosamente informato della procedura che deve eseguire. Ogni servizio di Endoscopia Digestiva è pronto a fornire ai pazienti le relative norme di preparazione (in genere digiuno da 8 ore, esecuzione di emocromo, PT e PTT per avere notizie riguardanti la coagulazione) e i consensi informati.
D: Qual è esattamente il ruolo dell’ecoendoscopia nella diagnosi del tumore del pancreas?
R: Ha un ruolo molto importante, perché quando le altre metodiche radiologiche pongono il sospetto di una neoplasia pancreatica, aiuta a definire la diagnosi differenziale fra adenocarcinoma e tumore neuroendocrino e permette di avere una diagnosi di certezza grazie alla possibilità di eseguire un prelievo bioptico ecoendo-guidato. A parte i casi “semplici” nei quali la diagnosi è già più o meno orientata dalla TC o dalla RM, l’ecoendoscopia ha un ruolo fondamentale in tutti quei casi in cui c’è un forte sospetto clinico di tumore ma sia la TC che la RM non lo vedono. Sappiamo bene che fino al 10% dei tumori pancreatici sono isodensi rispetto al tessuto circostante, cioè si mascherano, hanno caratteristiche che permettono loro di non farsi riconoscere rispetto al tessuto adiacente. L’ecoendoscopia, grazie alla vicinanza della sonda al pancreas (lo si studia dallo stomaco e dal duodeno), all’alta risoluzione delle immagini ottenuta con sonde ultrasonografiche ad alta frequenza, e grazie all’integrazione di tecniche di magnificazione delle immagini quali elastografia e mezzo di contrasto ecografico, permette di evidenziare spesso tumori “nascosti” e la conferma arriva poi dalla biopsia. È una tecnica minimamente invasiva, ma sicura e altamente accurata per arrivare alla diagnosi anatomopatologica di malattia.
D: Perché è importante che l’ecoendoscopista sia specializzato sul pancreas?
R: L’ecoendoscopista è un gastroenterologo, quindi ha una formazione clinica, ha poi intrapreso un percorso ben specifico nel campo dell’endoscopia digestiva che lo ha portato ad eseguire ecoendoscopie. L’esperienza in questo campo è importantissima. Mentre la TC, se eseguita secondo i criteri dei protocolli dedicati al pancreas, è un esame più obiettivo e meno operatore-dipendente, la qualità di una ecoendoscopia dipende tantissimo dall’operatore che quindi è essenziale abbia una grande esperienza specifica, in questo caso sul pancreas. È per questo che la curva di apprendimento di questa metodica è fra le più lunghe nel settore dell’endoscopia digestiva. L’ecoendoscopista deve prendere parte ai consulti multidisciplinari avendo sempre ben presente la visione d’insieme del paziente con le sue complessità e con le sue fragilità.
D: È molto facile fare confusione tra tanti nomi: biopsia, agoaspirato, agobiopsia. Ci spiega esattamente le caratteristiche e differenze principali?
R: Ci sono più nomi che tecniche! Potremmo benissimo parlare semplicemente di “agobiopsia”, o “biopsia ecoendoguidata”, perché si usa un ago sottile per fare una biopsia. Esistono varie sigle quali FNA (fine needle aspiration, cioè aspirazione con ago sottile, che in genere garantisce in prelievo per citologia), FNB (fine needle biopsy, cioè biopsia con ago sottile, che in realtà si riferisce a biopsie fatte con aghi dedicati all’istologia). Ho chiesto a