Linda Pisicchio è una trentaduenne che poco meno di 4 anni fa ha scoperto di avere un tumore alla testa del pancreas. Il suo è un caso emblematico di come si possa convivere con un tumore metastatico al pancreas per un periodo così lungo. La sua storia, come altre presentate sulle nostre pagine, è un intreccio inestricabile di una fortissima determinazione e qualità della persona, della peculiarità biologica del suo tumore e dell’alta professionalità della squadra medica che l’ha presa in cura. Questo caso si presta a riflessioni e considerazioni sul percorso terapeutico e apre un piccolissimo spiraglio di speranza per la cura del tumore metastatico ove la biologia del tumore lo consenta.
Come hai scoperto di avere un tumore al pancreas
Sul finire del 2014 ho cominciato ad avvertire problemi di digestione e dolori allo stomaco. Ho fatto gli esami del sangue che sebbene avessero qualche valore leggermente fuori dallo standard non destavano particolare preoccupazione. Nel Maggio 2015 ho fatto una ecografia all’addome e non è venuto fuori niente, a questo punto il medico di base nell’incertezza mi ha prescritto una visita dal gastroenterologo che ha deciso per una TAC all’addome. Il dubbio del medico base ha innescato un processo che mi ha portato a scoprire la malattia. Inizio Giugno 2015 visti i tempi lunghi di prenotazione del Sistema Sanitario Nazionale ho deciso di fare la TAC in una struttura privata. Immediatamente dopo la TAC continuavo a star male con dolori lancinanti all’addome per cui la mattina in cui ho ritirato il referto della TAC mi sono fatta accompagnare direttamente da mia madre in pronto soccorso dell’ospedale di Borgomanero. Lì ho mostrato al medico di turno il referto della TAC la cui comprensione onestamente non mi era stata immediatamente chiara
Qual è stata la diagnosi
Il medico di turno nel Pronto Soccorso dopo la visita e la lettura della TAC ha cominciato a parlare di centro oncologico di riferimento senza che io avessi una esatta comprensione di quello che dicesse. Il medico ha capito dall’espressione della mi faccia che ero persa e mi ha spiegato che verosimilmente c’era una lesione tumorale alla testa del pancreas con numerose metastasi al fegato e che bisognava cercare un centro specializzato.
Come ti è stata comunicata la diagnosi
Il medico a quel punto si è reso conto dello stato psicologico in cui mi sono venuta a trovare e mi ha chiesto se volevo un bicchiere d’acqua, gli ho risposto di si. Mi ha poi chiesto se c’era qualcuno che mi accompagnava. Ho risposto che c’era mia madre e il medico ha invitato mia madre nell’ambulatorio e gli ha illustrato la situazione. Subito dopo un’infermiera si è presa cura di noi mentre il medico telefonava a Torino ad un suo referente il quale ha segnalato il nome del dott. Michele Reni come oncologo. Il medico si è fatto carico di telefonare al S. Raffaele e ha fissato un appuntamento per me nel giro di una settimana. Nel frattempo nel pomeriggio sono comunque andata alla visita già prenotata con il gastroenterologo che aveva prescritto la TAC che ha cercato di rassicurarmi. La successiva visita con l’oncologo che mi era stato suggerito, il dott. Michele Reni, mi ha confermato la diagnosi e mi ha prescritto la biopsia il cui referto definitivo è stato: adenocarcinoma duttale del pancreas, reperti orientativi per primitività pancreatica o biliare. Quindi si trattava di un tumore allo Stadio IV. Il valore della CA 19.9 era di 815.
Qual è stato il percorso di cura
A Luglio 2015 ho cominciato il primo ciclo di chemio con Abraxane e Gemcitabina. Inizialmente era previsto durare 6 cicli, 3 infusioni per ciclo. In questo periodo ho misurato il CA 19.9 mensilmente e ho eseguito il controllo TAC ogni due mesi. Dopo due mesi la prima TAC ha evidenziato una regressione della massa tumorale e un forte abbassamento del CA 19.9 da 815 a 91. Dopo il terzo mese di chemio il CA 19.9 era ulteriormente sceso a 31 per stabilizzarsi nei mesi successivi su questo valore. La TAC di controllo al sesto mese ha mostrato un’ulteriore risposta alla cura in corso e per questo motivo, anche in virtù della buona tolleranza che mostravo, l’oncologo ha deciso di continuare con lo stesso protocollo con dosi ridotte al 60%. In definitiva invece dei canonici 6 cicli per sei mesi ne ho fatti 8 per 8 mesi, concludendo questo primo giro di chemio a Febbraio 2016. L’effetto collaterale meno piacevole è stato la perdita dei capelli, più difficile da sopportare rispetto alle nausee o qualche conato di vomito. Nel frattempo ho continuato ad effettuare TAC di controllo ogni 2 mesi insieme al controllo del valore del CA 19.9.
A Settembre 2016 si è manifestata una ripresa della malattia che aveva dato i suoi primi segnali con dei dolori addominali sul finire dell’estate 2016 e con un innalzamento del valore del CA 19.9 a 51. Ripresa di malattia confermata da una TAC ragione per cui l’oncologo ha deciso per un ulteriore giro di Abraxane più Gemcitabina durato questa volte 6 cicli e terminato a Febbraio 2017. Il marcatore CA 19.9 si è normalizzato dopo 2 cicli e la TAC dopo 3 mesi ha mostrato una risposta parziale mantenuta anche al successivo controllo a 6 mesi. Visto l’andamento del marcatore l’oncologo ha deciso per TAC di controllo a 3 mesi anziché 2. Anche in questo caso fortunatamente il mio corpo ha sopportato bene la chemio.
A Maggio 2017 è stato deciso di di inserire una protesi endobiliare perché è comparso un ittero, il CA19.9 nel frattempo era salito a 80 e la TAC evidenziava una progressione locale al pancreas e al fegato. Per questo motivo, dopo l’endoprotesi, ho di nuovo ripreso con il protocollo Abraxane più Gemcitabina.
A Giugno 2017 a causa dell’innalzamento dei va