Fausto De Tora

Una diagnosi precoce avrebbe potuto aiutare

4 Gennaio 2018 • Redazione

Fausto de Tora, informatico napoletano di 54 anni, convive con un tumore al corpo del pancreas a partire dal Dicembre 2014. Nonostante il ritardo nella definizione della diagnosi arrivata solo nel Giugno 2016 ha affrontato la situazione con quella resilienza piena di sottile ironia che contraddistingue i partenopei. Altri nella sua situazione avrebbero imprecato contro tutto e tutti, lui  invece no,  è concentrato su cosa decidere per il suo percorso di cura futuro piuttosto che spendere energie mentali su quello che avrebbe potuto essere. Complimenti!

Come hai scoperto di avere un tumore al pancreas

Fine Dicembre 2014 mi vengono dei dolori addominali che attribuisco a qualche forma influenzale,  ero appena stato per lavoro qualche giorno Milano e quindi pensavo allo sbalzo climatico visto che abito a Napoli. 

A inizio Gennaio 2015 i dolori addominali continuano e decido di andare dal mio medico di base: ecografie e controlli del sangue. La concomitanza di alcuni problemi familiari e la mancanza di evidenze preoccupanti mi hanno fatto trascurare il problema dei dolori.

A Giugno 2015 visto che i dolori leniti dal solo Aulin persistevano il medico decide per una colonscopia che evidenzia solo dei diverticoli ma nulla di significativo. Quindi il medico di base prescrive un’altra ecografia per verificare eventuali evoluzioni rispetto alla precedente. Si rileva molta aria nell’intestino. Da allora in poi l’”ariosità” dell’intestino è una costante che persiste tutt’ora. Il medico di base a questo punto ipotizzando una infiammazione dei diverticoli prescrive un ciclo di Normix.

Nel Settembre 2015, verificato che il Normix non aveva sortito alcun effetto e che non aveva senso continuare ad assumere Aulin per gestire il dolore, decido per una visita da un gastroenterologo che lavora anche presso un ospedale a vocazione oncologica. La diagnosi del medico in questo caso propende per una  sindrome da intestino irritabile. In effetti più che irritato sembrava proprio arrabbiato nero. Nel frattempo un lutto familiare distrae la mia attenzione nuovamente dalla gestione dei dolori addominali, anche perché tutti gli esami svolti fino a quel momento non facevano intravedere una diagnosi particolarmente ferale.

A distanza di un anno, siamo nel Gennaio 2016, stante la persistenza e l’aumento dei dolori addominali a cui nel frattempo si erano associati anche dolori alla schiena, mi viene prescritta un’ altra ecografia che segnala la necessità di qualche approfondimento sul sistema circolatorio addominale che sembrava alterato. Dopo un altro inutile ciclo di Normix individuo uno specialista internista che punta quasi direttamente sul pancreas.

Ad Aprile 2016 eseguo una TAC e una Risonanza Magnetica che evidenziano una massa nel pancreas.

Lo specialista mi indirizza al Policlinico Borgo Roma di Verona e nel Maggio 2016  e fisso una visita con il  Prof. Claudio Bassi, primario di chirurgia. Analizzati tutti i referti il Prof. Bassi ipotizza una lesione di pertinenza linfonodale e consiglia quindi una tipizzazione della lesione  mediante agoaspirato percutaneo; inoltre, aspetto importante, i dati disponibili non facevano ipotizzare un tumore al pancreas.

La prima reazione è stata di sollievo, la situazione sembrava gestibile,  in effetti l’assistente di Bassi con cui ho principalmente interagito, con una verifica anche con lo stesso Bassi, escludeva altre patologie anche perché il tempo intercorso tra i primi sintomi, Dicembre 2014,  e la visita, Maggio 2016,  era un lasso temporale abbastanza lungo, 17 mesi, e verosimilmente  avrei dovuto salutare precocemente questo adorabile pianeta  se fossi stato affetto da  “quella” patologia.

 

Percorso per arrivare alla diagnosi

Qual è stata la diagnosi

Il 31 Maggio 2016 mi sottopongo all’agospirato percutaneo e il 21 Giugno 2016 ricevo la diagnosi per posta elettronica.

” … In conclusione il quadro depone per un adenocarcinoma pancreatico con coinvolgimento dell’asse vascolare splenoportomesenterico e cavernomatosi portale.

Il caso è stato discusso collegialmente al Meeting Interdisciplinare dell’Istituto del Pancreas. In considerazione dello stadio localmente avanzato di malattia non vi è attualmente indicazione  indicazione all’esplorazione chirurgica.

Consigliamo quindi valutazione oncologica per inizio di terapia medica ad intento citoriduttivo. …”

In parole semplici: mi era stato diagnosticato un tumore al corpo del pancreas di dimensioni di 4 cm, con interessamento di alcuni importanti vasi sanguigni. Quindi un tumore allo  Stadio III, non immediatamente resecabile, per il quale mi veniva consigliato una visita oncologica per determinare un ciclo di chemioterapia con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale.

 

Come ti è stata comunicata la diagnosi

La diagnosi mi è stata comunicata telefonicamente 2 giorni prima dell’invio del referto via mail da un dottore del Policlinico di Verona di cui non ricordo il nome il quale  mi disse che potevo o avvalermi dei loro oncologi ma con tempi lunghi per un appuntamento o provare con l’oncologo del II Policlinico di Napoli con cui erano in collegamento. Questo modo di comunicare la notizia e i suggerimenti circa la strada da percorrere mi hanno dato l’idea che in qualche modo non fossi per loro un caso “interessante” e quindi mi sono sentito “scaricato”.

Qual è stato il percorso di cura

L’appuntamento con l’oncologo del Policlinico partenopeo, il Prof. Roberto Bianco, è stato pressoché immediato. Ho telefonato il venerdì e sono stato ricevuto il mercoledì, a dimostrazione che anche i napoletani  riescono ad essere efficienti.

I dolori addominali a quel punto non mi permettevano più dormire durante la notte, a meno di assumere Aulin a piè sospinto, per cui la prima cura immediata è stata la terapia del dolore. In aggiunta è stato affrontato il problema della nausea e del ripristino dell’appetito; ero diventato un figurino, dai 93 chili di inizio 20115, effettivamente una decina di troppo per 183 cm di statura, ai quasi 60 di quel 29 Giugno.

L’oncologo ha deciso per un ciclo di chemioterapia “Folfirinox” previo innesto del “port”. I primi sei cicli quindicinali di chemio sono iniziati immediatamente il 13 Luglio 2016 grazie al supporto dello staff medico tutto. Alla fine del primo ciclo c’è stata una rivalutazione della situazione e la decisione di prolungare la cura altri 6 cicli di chemio  fino a Dicembre 2016.

La chemioterapia non ha fatto il “miracolo”, San Gennaro era troppo impegnato; non c’è stata l’attesa riduzione della lesione che però si è stabilizzata con il vantaggio dei  dolori passati e le energie recuperate con effetti collaterali pressoché nulli.

Alla fine della chemio l’oncologo ha consigliato la termoablazione a Verona con l’idea di poter ottenere una riduzione della lesione, ma l’ho informato informato che contavo invece di fare l’elettroporazione irreversibile a Napoli. La motivazione era semplice: con il chirurgo del Cardarelli, il dott. Carlo Molino, che proponeva questo intervento si era instaurata una forte empatia; inoltre una procedura  a freddo e più precisa mi piaceva di più della cottura di “coratelle alla veronese”. Infine facendo l’intervento a Napoli avevo tutto vicino per qualsiasi evento post intervento. Aggiungo che non vedevo il motivo per il quale avrei dovuto mettere a disposizione il mio addome in mano ai veronesi considerata la scarsa soddisfazione d’insieme rispetto al loro approccio al paziente.

Eseguita l’elettroporazione nel Maggio 2017 e lasciati passare un po’ di mesi per valutarne i risultati il chirurgo  ha suggerito un nuovo giro di chemio;  l’oncologo invece ha preferito un approccio più  “parsimonioso” riservandosi un eventuale ulteriore ciclo di chemio  nel caso di evoluzione della malattia. Ho trovato questa sua strategia prudenziale abbastanza convincente e ovviamente incrocio le dita nella speranza non debba servire, il tutto  accompagnato da più gesti apotropaici, cornetti e scaramanzie varie.

L’oncologo a questo punto mi ha invece proposto una sessione di radioterapia stereotassica che ho effettuato nel Luglio 2017  presso un centro situato nella ridente Agropoli, cittadina cilentana sul mare. Questa cura ha avuto qualche effetto collaterale immediato, e molto probabilmente è stata la causa di un ispessimento dei tessuti del duodeno che ne ha causato un restringimento. Effetto netto: questo restringimento non consente un passaggio del cibo dallo stomaco all’intestino e quindi son dovuto passare all’alimentazione parenterale.

Prima che l’ispessimento delle pareti del duodeno si manifestasse nella sua forma definitiva  l’oncologo mi aveva prescritto una terapia di mantenimento a base di capecitabina non esente da qualche effetto collaterale. Come osservavano le mie figlie, non si può sempre passarla liscia.

Il Prof. Bianco a quel punto ha comunicato chiaramente che dopo tre importanti approcci terapeutici come la chemioterapia col protocollo Folfirinox, l’elettroporazione irreversibile e la radioterapia stereotassica, eravamo in situazione di stasi poiché la massa tumorale non si era ridotta al punto da consentire l’intervento chirurgico di resezione del tumore. A tal riguardo con l’oncologo da subito si è instaurato un colloquio franco e chiaro sulla situazione: non mi ha creato aspettative irrealistiche  e non ha presagito imminenti disgrazie;  molto correttamente mi ha descritto una situazione complessa e definita per come si è sviluppato il percorso della malattia e delle cure messe in campo.

Oggi a distanza di 36 mesi dai primi sintomi cosa ci puoi dire

Al momento la situazione è ancora aperta, considero un successo aver superato i 18 mesi data diagnosi, anche alla luce dei precedenti 18 mesi che ci sono voluti per arrivare finalmente ad una diagnosi. Fino alle complicazioni da restringimento del tratto ascendente del duodeno ero in condizioni assolutamente accettabili: andavo in giro, ho fatto le vacanze in campeggio, insomma una situazione assolutamente discreta.

Per quanto riguarda la patologia in senso stretto è in una fase stabile; nel referto della PET e TAC del Novembre 2017 si riferisce di moderata attività metabolica nelle sedi già note e lieve riduzione della lesione.

Al momento sono vincolato all’alimentazione parenterale in attesa di decidere che strada intraprendere per superare il problema del duodeno. L’oncologo ha proposto al chirurgo di riferimento un intervento di bypass ma quest’ultimo prospetta rischi elevati di complicazioni visto il cavernoma, le varici esofagee, il sistema circolatorio della zona piuttosto scombinato e la vicinanza della lesione pancreatica nella zona dove intervenire. In buona sostanza gli scenari che mi si presentano sono i seguenti: l’intervento riesce e ritorno ad alimentarmi normalmente, rimango  sotto i ferri e l’intervento sarebbe comunque risolutivo anche se in senso negativo, e infine ci sono tutte le situazioni intermedie fra le due precedenti per via dell’insorgere di potenziali complicazioni, anzi cinquanta sfumature di complicazioni, che potrebbero condurre ad una vitaccia ospedaliera di non breve periodo per affrontarne la gestione.

L’attuale periodo di alimentazione artificiale ad ogni modo mi consente di riflettere con calma mentre mi riprendo un po’ fisicamente: finalmente nelle ultime settimane riesco a passeggiare fuori casa senza ritornare stremato come se avessi scalato l’Everest.

Quindi mentre il futuro è in fase di definizione il presente è tutto sommato soddisfacente. Certo essere costretti all’alimentazione artificiale proprio nel periodo natalizio sa proprio di penitenza quaresimale. Però poter comunque avere gli amici e i parenti a casa nelle festività è impagabile rispetto al dover stare da solo perché troppo spossato anche dal solo parlare. Quindi ben venga questo periodo di alimentazione artificiale che, migliorando la mia condizione fisica, potrebbe consentirmi anche di affrontare un eventuale intervento nel caso decidessi di farlo.

E comunque dopo la quaresima la Pasqua viene. Avevo anche in programma di vedere l’andamento della nazionale di calcio ai mondiali, vista la situazione mi tocca di aspettare il 2022, sto cercando di spiegarlo  al simpatico ospite.

Natale 2017 in casa De Tora

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Fausto De Tora

Una diagnosi precoce avrebbe potuto aiutare

4 Gennaio 2018 • Redazione

Fausto de Tora, informatico napoletano di 54 anni, convive con un tumore al corpo del pancreas a partire dal Dicembre 2014. Nonostante il ritardo nella definizione della diagnosi arrivata solo nel Giugno 2016 ha affrontato la situazione con quella resilienza piena di sottile ironia che contraddistingue i partenopei. Altri nella sua situazione avrebbero imprecato contro tutto e tutti, lui  invece no,  è concentrato su cosa decidere per il suo percorso di cura futuro piuttosto che spendere energie mentali su quello che avrebbe potuto essere. Complimenti!

Come hai scoperto di avere un tumore al pancreas

Fine Dicembre 2014 mi vengono dei dolori addominali che attribuisco a qualche forma influenzale,  ero appena stato per lavoro qualche giorno Milano e quindi pensavo allo sbalzo climatico visto che abito a Napoli. 

A inizio Gennaio 2015 i dolori addominali continuano e decido di andare dal mio medico di base: ecografie e controlli del sangue. La concomitanza di alcuni problemi familiari e la mancanza di evidenze preoccupanti mi hanno fatto trascurare il problema dei dolori.

A Giugno 2015 visto che i dolori leniti dal solo Aulin persistevano il medico decide per una colonscopia che evidenzia solo dei diverticoli ma nulla di significativo. Quindi il medico di base prescrive un’altra ecografia per verificare eventuali evoluzioni rispetto alla precedente. Si rileva molta aria nell’intestino. Da allora in poi l’”ariosità” dell’intestino è una costante che persiste tutt’ora. Il medico di base a questo punto ipotizzando una infiammazione dei diverticoli prescrive un ciclo di Normix.

Nel Settembre 2015, verificato che il Normix non aveva sortito alcun effetto e che non aveva senso continuare ad assumere Aulin per gestire il dolore, decido per una visita da un gastroenterologo che lavora anche presso un ospedale a vocazione oncologica. La diagnosi del medico in questo caso propende per una  sindrome da intestino irritabile. In effetti più che irritato sembrava proprio arrabbiato nero. Nel frattempo un lutto familiare distrae la mia attenzione nuovamente dalla gestione dei dolori addominali, anche perché tutti gli esami svolti fino a quel momento non facevano intravedere una diagnosi particolarmente ferale.

A distanza di un anno, siamo nel Gennaio 2016, stante la persistenza e l’aumento dei dolori addominali a cui nel frattempo si erano associati anche dolori alla schiena, mi viene prescritta un’ altra ecografia che segnala la necessità di qualche approfondimento sul sistema circolatorio addominale che sembrava alterato. Dopo un altro inutile ciclo di Normix individuo uno specialista internista che punta quasi direttamente sul pancreas.

Ad Aprile 2016 eseguo una TAC e una Risonanza Magnetica che evidenziano una massa nel pancreas.

Lo specialista mi indirizza al Policlinico Borgo Roma di Verona e nel Maggio 2016  e fisso una visita con il  Prof. Claudio Bassi, primario di chirurgia. Analizzati tutti i referti il Prof. Bassi ipotizza una lesione di pertinenza linfonodale e consiglia quindi una tipizzazione della lesione  mediante agoaspirato percutaneo; inoltre, aspetto importante, i dati disponibili non facevano ipotizzare un tumore al pancreas.

La prima reazione è stata di sollievo, la situazione sembrava gestibile,  in effetti l’assistente di Bassi con cui ho principalmente interagito, con una verifica anche con lo stesso Bassi, escludeva altre patologie anche perché il tempo intercorso tra i primi sintomi, Dicembre 2014,  e la visita, Maggio 2016,  era un lasso temporale abbastanza lungo, 17 mesi, e verosimilmente  avrei dovuto salutare precocemente questo adorabile pianeta  se fossi stato affetto da  “quella” patologia.

 

Percorso per arrivare alla diagnosi

Qual è stata la diagnosi

Il 31 Maggio 2016 mi sottopongo all’agospirato percutaneo e il 21 Giugno 2016 ricevo la diagnosi per posta elettronica.

” … In conclusione il quadro depone per un adenocarcinoma pancreatico con coinvolgimento dell’asse vascolare splenoportomesenterico e cavernomatosi portale.

Il caso è stato discusso collegialmente al Meeting Interdisciplinare dell’Istituto del Pancreas. In considerazione dello stadio localmente avanzato di malattia non vi è attualmente indicazione  indicazione all’esplorazione chirurgica.

Consigliamo quindi valutazione oncologica per inizio di terapia medica ad intento citoriduttivo. …”

In parole semplici: mi era stato diagnosticato un tumore al corpo del pancreas di dimensioni di 4 cm, con interessamento di alcuni importanti vasi sanguigni. Quindi un tumore allo  Stadio III, non immediatamente resecabile, per il quale mi veniva consigliato una visita oncologica per determinare un ciclo di chemioterapia con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale.

 

Come ti è stata comunicata la diagnosi

La diagnosi mi è stata comunicata telefonicamente 2 giorni prima dell’invio del referto via mail da un dottore del Policlinico di Verona di cui non ricordo il nome il quale  mi disse che potevo o avvalermi dei loro oncologi ma con tempi lunghi per un appuntamento o provare con l’oncologo del II Policlinico di Napoli con cui erano in collegamento. Questo modo di comunicare la notizia e i suggerimenti circa la strada da percorrere mi hanno dato l’idea che in qualche modo non fossi per loro un caso “interessante” e quindi mi sono sentito “scaricato”.

Qual è stato il percorso di cura

L’appuntamento con l’oncologo del Policlinico partenopeo, il Prof. Roberto Bianco, è stato pressoché immediato. Ho telefonato il venerdì e sono stato ricevuto il mercoledì, a dimostrazione che anche i napoletani  riescono ad essere efficienti.

I dolori addominali a quel punto non mi permettevano più dormire durante la notte, a meno di assumere Aulin a piè sospinto, per cui la prima cura immediata è stata la terapia del dolore. In aggiunta è stato affrontato il problema della nausea e del ripristino dell’appetito; ero diventato un figurino, dai 93 chili di inizio 20115, effettivamente una decina di troppo per 183 cm di statura, ai quasi 60 di quel 29 Giugno.

L’oncologo ha deciso per un ciclo di chemioterapia “Folfirinox” previo innesto del “port”. I primi sei cicli quindicinali di chemio sono iniziati immediatamente il 13 Luglio 2016 grazie al supporto dello staff medico tutto. Alla fine del primo ciclo c’è stata una rivalutazione della situazione e la decisione di prolungare la cura altri 6 cicli di chemio  fino a Dicembre 2016.

La chemioterapia non ha fatto il “miracolo”, San Gennaro era troppo impegnato; non c’è stata l’attesa riduzione della lesione che però si è stabilizzata con il vantaggio dei  dolori passati e le energie recuperate con effetti collaterali pressoché nulli.

Alla fine della chemio l’oncologo ha consigliato la termoablazione a Verona con l’idea di poter ottenere una riduzione della lesione, ma l’ho informato informato che contavo invece di fare l’elettroporazione irreversibile a Napoli. La motivazione era semplice: con il chirurgo del Cardarelli, il dott. Carlo Molino, che proponeva questo intervento si era instaurata una forte empatia; inoltre una procedura  a freddo e più precisa mi piaceva di più della cottura di “coratelle alla veronese”. Infine facendo l’intervento a Napoli avevo tutto vicino per qualsiasi evento post intervento. Aggiungo che non vedevo il motivo per il quale avrei dovuto mettere a disposizione il mio addome in mano ai veronesi considerata la scarsa soddisfazione d’insieme rispetto al loro approccio al paziente.

Eseguita l’elettroporazione nel Maggio 2017 e lasciati passare un po’ di mesi per valutarne i risultati il chirurgo  ha suggerito un nuovo giro di chemio;  l’oncologo invece ha preferito un approccio più  “parsimonioso” riservandosi un eventuale ulteriore ciclo di chemio  nel caso di evoluzione della malattia. Ho trovato questa sua strategia prudenziale abbastanza convincente e ovviamente incrocio le dita nella speranza non debba servire, il tutto  accompagnato da più gesti apotropaici, cornetti e scaramanzie varie.

L’oncologo a questo punto mi ha invece proposto una sessione di radioterapia stereotassica che ho effettuato nel Luglio 2017  presso un centro situato nella ridente Agropoli, cittadina cilentana sul mare. Questa cura ha avuto qualche effetto collaterale immediato, e molto probabilmente è stata la causa di un ispessimento dei tessuti del duodeno che ne ha causato un restringimento. Effetto netto: questo restringimento non consente un passaggio del cibo dallo stomaco all’intestino e quindi son dovuto passare all’alimentazione parenterale.

Prima che l’ispessimento delle pareti del duodeno si manifestasse nella sua forma definitiva  l’oncologo mi aveva prescritto una terapia di mantenimento a base di capecitabina non esente da qualche effetto collaterale. Come osservavano le mie figlie, non si può sempre passarla liscia.

Il Prof. Bianco a quel punto ha comunicato chiaramente che dopo tre importanti approcci terapeutici come la chemioterapia col protocollo Folfirinox, l’elettroporazione irreversibile e la radioterapia stereotassica, eravamo in situazione di stasi poiché la massa tumorale non si era ridotta al punto da consentire l’intervento chirurgico di resezione del tumore. A tal riguardo con l’oncologo da subito si è instaurato un colloquio franco e chiaro sulla situazione: non mi ha creato aspettative irrealistiche  e non ha presagito imminenti disgrazie;  molto correttamente mi ha descritto una situazione complessa e definita per come si è sviluppato il percorso della malattia e delle cure messe in campo.

Oggi a distanza di 36 mesi dai primi sintomi cosa ci puoi dire

Al momento la situazione è ancora aperta, considero un successo aver superato i 18 mesi data diagnosi, anche alla luce dei precedenti 18 mesi che ci sono voluti per arrivare finalmente ad una diagnosi. Fino alle complicazioni da restringimento del tratto ascendente del duodeno ero in condizioni assolutamente accettabili: andavo in giro, ho fatto le vacanze in campeggio, insomma una situazione assolutamente discreta.

Per quanto riguarda la patologia in senso stretto è in una fase stabile; nel referto della PET e TAC del Novembre 2017 si riferisce di moderata attività metabolica nelle sedi già note e lieve riduzione della lesione.

Al momento sono vincolato all’alimentazione parenterale in attesa di decidere che strada intraprendere per superare il problema del duodeno. L’oncologo ha proposto al chirurgo di riferimento un intervento di bypass ma quest’ultimo prospetta rischi elevati di complicazioni visto il cavernoma, le varici esofagee, il sistema circolatorio della zona piuttosto scombinato e la vicinanza della lesione pancreatica nella zona dove intervenire. In buona sostanza gli scenari che mi si presentano sono i seguenti: l’intervento riesce e ritorno ad alimentarmi normalmente, rimango  sotto i ferri e l’intervento sarebbe comunque risolutivo anche se in senso negativo, e infine ci sono tutte le situazioni intermedie fra le due precedenti per via dell’insorgere di potenziali complicazioni, anzi cinquanta sfumature di complicazioni, che potrebbero condurre ad una vitaccia ospedaliera di non breve periodo per affrontarne la gestione.

L’attuale periodo di alimentazione artificiale ad ogni modo mi consente di riflettere con calma mentre mi riprendo un po’ fisicamente: finalmente nelle ultime settimane riesco a passeggiare fuori casa senza ritornare stremato come se avessi scalato l’Everest.

Quindi mentre il futuro è in fase di definizione il presente è tutto sommato soddisfacente. Certo essere costretti all’alimentazione artificiale proprio nel periodo natalizio sa proprio di penitenza quaresimale. Però poter comunque avere gli amici e i parenti a casa nelle festività è impagabile rispetto al dover stare da solo perché troppo spossato anche dal solo parlare. Quindi ben venga questo periodo di alimentazione artificiale che, migliorando la mia condizione fisica, potrebbe consentirmi anche di affrontare un eventuale intervento nel caso decidessi di farlo.

E comunque dopo la quaresima la Pasqua viene. Avevo anche in programma di vedere l’andamento della nazionale di calcio ai mondiali, vista la situazione mi tocca di aspettare il 2022, sto cercando di spiegarlo  al simpatico ospite.

Natale 2017 in casa De Tora

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Fausto De Tora

Una diagnosi precoce avrebbe potuto aiutare

4 Gennaio 2018 • Redazione

Fausto de Tora, informatico napoletano di 54 anni, convive con un tumore al corpo del pancreas a partire dal Dicembre 2014. Nonostante il ritardo nella definizione della diagnosi arrivata solo nel Giugno 2016 ha affrontato la situazione con quella resilienza piena di sottile ironia che contraddistingue i partenopei. Altri nella sua situazione avrebbero imprecato contro tutto e tutti, lui  invece no,  è concentrato su cosa decidere per il suo percorso di cura futuro piuttosto che spendere energie mentali su quello che avrebbe potuto essere. Complimenti!

Come hai scoperto di avere un tumore al pancreas

Fine Dicembre 2014 mi vengono dei dolori addominali che attribuisco a qualche forma influenzale,  ero appena stato per lavoro qualche giorno Milano e quindi pensavo allo sbalzo climatico visto che abito a Napoli. 

A inizio Gennaio 2015 i dolori addominali continuano e decido di andare dal mio medico di base: ecografie e controlli del sangue. La concomitanza di alcuni problemi familiari e la mancanza di evidenze preoccupanti mi hanno fatto trascurare il problema dei dolori.

A Giugno 2015 visto che i dolori leniti dal solo Aulin persistevano il medico decide per una colonscopia che evidenzia solo dei diverticoli ma nulla di significativo. Quindi il medico di base prescrive un’altra ecografia per verificare eventuali evoluzioni rispetto alla precedente. Si rileva molta aria nell’intestino. Da allora in poi l’”ariosità” dell’intestino è una costante che persiste tutt’ora. Il medico di base a questo punto ipotizzando una infiammazione dei diverticoli prescrive un ciclo di Normix.

Nel Settembre 2015, verificato che il Normix non aveva sortito alcun effetto e che non aveva senso continuare ad assumere Aulin per gestire il dolore, decido per una visita da un gastroenterologo che lavora anche presso un ospedale a vocazione oncologica. La diagnosi del medico in questo caso propende per una  sindrome da intestino irritabile. In effetti più che irritato sembrava proprio arrabbiato nero. Nel frattempo un lutto familiare distrae la mia attenzione nuovamente dalla gestione dei dolori addominali, anche perché tutti gli esami svolti fino a quel momento non facevano intravedere una diagnosi particolarmente ferale.

A distanza di un anno, siamo nel Gennaio 2016, stante la persistenza e l’aumento dei dolori addominali a cui nel frattempo si erano associati anche dolori alla schiena, mi viene prescritta un’ altra ecografia che segnala la necessità di qualche approfondimento sul sistema circolatorio addominale che sembrava alterato. Dopo un altro inutile ciclo di Normix individuo uno specialista internista che punta quasi direttamente sul pancreas.

Ad Aprile 2016 eseguo una TAC e una Risonanza Magnetica che evidenziano una massa nel pancreas.

Lo specialista mi indirizza al Policlinico Borgo Roma di Verona e nel Maggio 2016  e fisso una visita con il  Prof. Claudio Bassi, primario di chirurgia. Analizzati tutti i referti il Prof. Bassi ipotizza una lesione di pertinenza linfonodale e consiglia quindi una tipizzazione della lesione  mediante agoaspirato percutaneo; inoltre, aspetto importante, i dati disponibili non facevano ipotizzare un tumore al pancreas.

La prima reazione è stata di sollievo, la situazione sembrava gestibile,  in effetti l’assistente di Bassi con cui ho principalmente interagito, con una verifica anche con lo stesso Bassi, escludeva altre patologie anche perché il tempo intercorso tra i primi sintomi, Dicembre 2014,  e la visita, Maggio 2016,  era un lasso temporale abbastanza lungo, 17 mesi, e verosimilmente  avrei dovuto salutare precocemente questo adorabile pianeta  se fossi stato affetto da  “quella” patologia.

 

Percorso per arrivare alla diagnosi

Qual è stata la diagnosi

Il 31 Maggio 2016 mi sottopongo all’agospirato percutaneo e il 21 Giugno 2016 ricevo la diagnosi per posta elettronica.

” … In conclusione il quadro depone per un adenocarcinoma pancreatico con coinvolgimento dell’asse vascolare splenoportomesenterico e cavernomatosi portale.

Il caso è stato discusso collegialmente al Meeting Interdisciplinare dell’Istituto del Pancreas. In considerazione dello stadio localmente avanzato di malattia non vi è attualmente indicazione  indicazione all’esplorazione chirurgica.

Consigliamo quindi valutazione oncologica per inizio di terapia medica ad intento citoriduttivo. …”

In parole semplici: mi era stato diagnosticato un tumore al corpo del pancreas di dimensioni di 4 cm, con interessamento di alcuni importanti vasi sanguigni. Quindi un tumore allo  Stadio III, non immediatamente resecabile, per il quale mi veniva consigliato una visita oncologica per determinare un ciclo di chemioterapia con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale.

 

Come ti è stata comunicata la diagnosi

La diagnosi mi è stata comunicata telefonicamente 2 giorni prima dell’invio del referto via mail da un dottore del Policlinico di Verona di cui non ricordo il nome il quale  mi disse che potevo o avvalermi dei loro oncologi ma con tempi lunghi per un appuntamento o provare con l’oncologo del II Policlinico di Napoli con cui erano in collegamento. Questo modo di comunicare la notizia e i suggerimenti circa la strada da percorrere mi hanno dato l’idea che in qualche modo non fossi per loro un caso “interessante” e quindi mi sono sentito “scaricato”.

Qual è stato il percorso di cura

L’appuntamento con l’oncologo del Policlinico partenopeo, il Prof. Roberto Bianco, è stato pressoché immediato. Ho telefonato il venerdì e sono stato ricevuto il mercoledì, a dimostrazione che anche i napoletani  riescono ad essere efficienti.

I dolori addominali a quel punto non mi permettevano più dormire durante la notte, a meno di assumere Aulin a piè sospinto, per cui la prima cura immediata è stata la terapia del dolore. In aggiunta è stato affrontato il problema della nausea e del ripristino dell’appetito; ero diventato un figurino, dai 93 chili di inizio 20115, effettivamente una decina di troppo per 183 cm di statura, ai quasi 60 di quel 29 Giugno.

L’oncologo ha deciso per un ciclo di chemioterapia “Folfirinox” previo innesto del “port”. I primi sei cicli quindicinali di chemio sono iniziati immediatamente il 13 Luglio 2016 grazie al supporto dello staff medico tutto. Alla fine del primo ciclo c’è stata una rivalutazione della situazione e la decisione di prolungare la cura altri 6 cicli di chemio  fino a Dicembre 2016.

La chemioterapia non ha fatto il “miracolo”, San Gennaro era troppo impegnato; non c’è stata l’attesa riduzione della lesione che però si è stabilizzata con il vantaggio dei  dolori passati e le energie recuperate con effetti collaterali pressoché nulli.

Alla fine della chemio l’oncologo ha consigliato la termoablazione a Verona con l’idea di poter ottenere una riduzione della lesione, ma l’ho informato informato che contavo invece di fare l’elettroporazione irreversibile a Napoli. La motivazione era semplice: con il chirurgo del Cardarelli, il dott. Carlo Molino, che proponeva questo intervento si era instaurata una forte empatia; inoltre una procedura  a freddo e più precisa mi piaceva di più della cottura di “coratelle alla veronese”. Infine facendo l’intervento a Napoli avevo tutto vicino per qualsiasi evento post intervento. Aggiungo che non vedevo il motivo per il quale avrei dovuto mettere a disposizione il mio addome in mano ai veronesi considerata la scarsa soddisfazione d’insieme rispetto al loro approccio al paziente.

Eseguita l’elettroporazione nel Maggio 2017 e lasciati passare un po’ di mesi per valutarne i risultati il chirurgo  ha suggerito un nuovo giro di chemio;  l’oncologo invece ha preferito un approccio più  “parsimonioso” riservandosi un eventuale ulteriore ciclo di chemio  nel caso di evoluzione della malattia. Ho trovato questa sua strategia prudenziale abbastanza convincente e ovviamente incrocio le dita nella speranza non debba servire, il tutto  accompagnato da più gesti apotropaici, cornetti e scaramanzie varie.

L’oncologo a questo punto mi ha invece proposto una sessione di radioterapia stereotassica che ho effettuato nel Luglio 2017  presso un centro situato nella ridente Agropoli, cittadina cilentana sul mare. Questa cura ha avuto qualche effetto collaterale immediato, e molto probabilmente è stata la causa di un ispessimento dei tessuti del duodeno che ne ha causato un restringimento. Effetto netto: questo restringimento non consente un passaggio del cibo dallo stomaco all’intestino e quindi son dovuto passare all’alimentazione parenterale.

Prima che l’ispessimento delle pareti del duodeno si manifestasse nella sua forma definitiva  l’oncologo mi aveva prescritto una terapia di mantenimento a base di capecitabina non esente da qualche effetto collaterale. Come osservavano le mie figlie, non si può sempre passarla liscia.

Il Prof. Bianco a quel punto ha comunicato chiaramente che dopo tre importanti approcci terapeutici come la chemioterapia col protocollo Folfirinox, l’elettroporazione irreversibile e la radioterapia stereotassica, eravamo in situazione di stasi poiché la massa tumorale non si era ridotta al punto da consentire l’intervento chirurgico di resezione del tumore. A tal riguardo con l’oncologo da subito si è instaurato un colloquio franco e chiaro sulla situazione: non mi ha creato aspettative irrealistiche  e non ha presagito imminenti disgrazie;  molto correttamente mi ha descritto una situazione complessa e definita per come si è sviluppato il percorso della malattia e delle cure messe in campo.

Oggi a distanza di 36 mesi dai primi sintomi cosa ci puoi dire

Al momento la situazione è ancora aperta, considero un successo aver superato i 18 mesi data diagnosi, anche alla luce dei precedenti 18 mesi che ci sono voluti per arrivare finalmente ad una diagnosi. Fino alle complicazioni da restringimento del tratto ascendente del duodeno ero in condizioni assolutamente accettabili: andavo in giro, ho fatto le vacanze in campeggio, insomma una situazione assolutamente discreta.

Per quanto riguarda la patologia in senso stretto è in una fase stabile; nel referto della PET e TAC del Novembre 2017 si riferisce di moderata attività metabolica nelle sedi già note e lieve riduzione della lesione.

Al momento sono vincolato all’alimentazione parenterale in attesa di decidere che strada intraprendere per superare il problema del duodeno. L’oncologo ha proposto al chirurgo di riferimento un intervento di bypass ma quest’ultimo prospetta rischi elevati di complicazioni visto il cavernoma, le varici esofagee, il sistema circolatorio della zona piuttosto scombinato e la vicinanza della lesione pancreatica nella zona dove intervenire. In buona sostanza gli scenari che mi si presentano sono i seguenti: l’intervento riesce e ritorno ad alimentarmi normalmente, rimango  sotto i ferri e l’intervento sarebbe comunque risolutivo anche se in senso negativo, e infine ci sono tutte le situazioni intermedie fra le due precedenti per via dell’insorgere di potenziali complicazioni, anzi cinquanta sfumature di complicazioni, che potrebbero condurre ad una vitaccia ospedaliera di non breve periodo per affrontarne la gestione.

L’attuale periodo di alimentazione artificiale ad ogni modo mi consente di riflettere con calma mentre mi riprendo un po’ fisicamente: finalmente nelle ultime settimane riesco a passeggiare fuori casa senza ritornare stremato come se avessi scalato l’Everest.

Quindi mentre il futuro è in fase di definizione il presente è tutto sommato soddisfacente. Certo essere costretti all’alimentazione artificiale proprio nel periodo natalizio sa proprio di penitenza quaresimale. Però poter comunque avere gli amici e i parenti a casa nelle festività è impagabile rispetto al dover stare da solo perché troppo spossato anche dal solo parlare. Quindi ben venga questo periodo di alimentazione artificiale che, migliorando la mia condizione fisica, potrebbe consentirmi anche di affrontare un eventuale intervento nel caso decidessi di farlo.

E comunque dopo la quaresima la Pasqua viene. Avevo anche in programma di vedere l’andamento della nazionale di calcio ai mondiali, vista la situazione mi tocca di aspettare il 2022, sto cercando di spiegarlo  al simpatico ospite.

Natale 2017 in casa De Tora

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